-Progetto Likoni – Kenya Dr. Massimo Fugazza: 338 4138737 massimo.fugazza@libero.it
· Progetto Maralal – Kenya Dr. Massimo Fugazza: 338 4138737 massimo.fugazza@libero.it
· Progetto Tharaka - Kenya Dr. Marco Montemezzo 333 6778577 st.odontoiatrico@libero.it
Il punto sulla situazione nei distretti aridi e semiaridi ( ASAL ) del Kenya
Un pozzo per l’acqua in quella regione, ovunque possa realizzarsi, porterà un segno tangibile e benefici per tutti.

I distretti ASAL del Kenya comprendono un vasto territorio per lo più situato a nord della capitale Nairobi e confinanti con l’Uganda a ovest, il Sudan e l’Etiopia a nord e la Somalia a est. Il territorio è costituito da un altipiano che si eleva ad una altitudine compresa tra i 1000 e i 2400 mt slm con picchi montuosi che raggiungono i 3300 mt; comprende a nord la grande depressione vulcanica che accoglie il lago Turkana e a est di quest’ultimo il deserto di Chalbi.
E’ amministrativamente organizzato in distretti che per lo più prendono il nome del gruppo tribale tradizionalmente prevalente: Baringo District e West Pokot ( Karapokot), Turkana District, Samburu District.

Il Baringo District e West Pokot si estende a nord ovest fino ai confini con l’Uganda e si ritiene che la tribù che lo popola, i Pokot, discendano dai Karamojong dell’Uganda. La regione, attraversata dalla Rift Valley, è ritenuta una delle meno fertili del Kenya. I Pokot, che contano circa 220.000 individui, sono pastori nomadi.

Date le caratteristiche del territorio, l’agricoltura è scarsamente praticata.
Il Turkana District si estende a ovest del lago Turkana e occupa un vasto territorio per lo più arido che confina con l’Uganda a ovest, col Sudan a nord e con il distretto Samburu e Baringo a sud.

La tribù dei Turkana conta circa 250.000 individui. Popolo di pastori nomadi, si sono spinti in parte ad insediarsi in territori dei distretti confinanti alla ricerca di acque e pascoli per il bestiame.
Il territorio del Samburu District occupa un totale di 21.000 kmq di superficie. Si estende dalle propaggini meridionali del lago Turkana e si espande verso sud confinando col Turkana District, il Karapokot e a est col Marsabit District. La popolazione del distretto, che conta circa 174.000 abitanti, è prevalentemente di etnia Samburu, ma vi è anche una notevole presenza di Turkana.

I Samburu sono il gruppo più settentrionale tra le tribù che parlano il Maasai. Oltre alla lingua i Samburu condividono coi Maasai usi, costumi e religione. Ancora oggi non si conosce con esattezza la loro provenienza e quando sia avvenuta la separazione tra questi due gruppi.
Nonostante la supposta antichissima origine comune di questi popoli che vengono designati come nilo-camitici, nilo-cuscitici o più semplicemente nilotici, le tribù Pokot, Turkana e Samburu costituiscono attualmente realtà etniche distinte con ambiti territoriali peculiari e tutte accomunate dalla caratteristica nomade-pastorale.
L’attività nomade ha come presupposto la ricerca delle risorse.

Acqua e pascoli sono beni interdipendenti e indispensabili alla sopravvivenza di questi popoli la cui vita quotidiana è incentrata sulla pastorizia. In queste regioni del Nord Rift, denominate ASAL, gli spostamenti nomadi alla ricerca delle risorse danno spesso luogo a sconfinamenti territoriali che tendono a divenire più frequenti e massicci in periodi di siccità.

La stagione secca, che va da ottobre a marzo, può assumere vari gradi di gravità a seconda che le due stagioni delle piccole e grandi piogge ( aprile, agosto) abbiano dato luogo a precipitazioni più o meno abbondanti.

Quando la siccità incombe gli sconfinamenti territoriali diventano inevitabili . La punizione è la razzia del bestiame e talvolta l’uccisione dei pastori che guidano le mandrie.
La grande carestia dovuta alla siccità instauratasi tra il 2005 e il 2006 in queste regioni, che ha provocato più di 1000 morti per sete e la perdita di circa la metà del bestiame, ha determinato uno stato di belligeranza che va ben al di là della antica e tradizionale ostilità tra queste tribù.

Inoltre, nel corso degli anni, in seguito allo stato di incertezza che governa le umane vicende in queste regioni, complice l’inettitudine e l’assenza del governo centrale, le tribù hanno iniziato ad armarsi.

Fucili da guerra automatici, tipo AK 47 e G3 hanno cominciato ad affluire dall’Uganda e dalla Somalia e stanno soppiantando l’armamento tradizionale dei guerrieri costituito da lance e frecce. I confini nord orientali e occidentali del Kenya sono assolutamente permeabili e praticamente incontrollati. Le carovane dei nomadi verso e dalla Somalia e il trasporto pesante con l’Uganda consentono di celare agevolmente un fiorente commercio di armi leggere illegali.

Nell’aprile 2006 due giovani Pokot in transito nel Samburu District sono stati riconosciuti quali autori di una razzia. Furono fermati, malmenati e, infine, barbaramente uccisi. Si dice che questo episodio sia stato all’origine degli scontri tribali che tuttora sono in corso nelle terre di confine tra il Baringo e il Samburu District.

In quel periodo fui testimone del grande esodo delle popolazioni dell’altopiano che incalzate dalla guerriglia cercavano rifugio presso le missioni religiose sparse nel territorio.

Nello spiazzo antistante la missione dei padri della Consolata di Saguta Marmar, 30 km a sud di Maralal, circa tremila rifugiati Samburu, anziani, donne e bambini, venivano assistiti dai padri della missione supportati da un convoglio della Croce Rossa kenyota recante un carico di alimenti e sacchi di Unimix.

Col vescovo della Diocesi di Maralal, Mons. Virgilio Pante, ci recammo ad Amaya, piccolo insediamento urbano al confine tra i due distretti. Attraversammo chilometri di altipiano disseminato di villaggi deserti dove gli unici animali presenti erano zebre e gazzelle.

Amaya era prima popolata da entrambe le etnie; Samburu e Pokot coabitavano in reciproca tolleranza come era facile riscontrare in tutti gli insediamenti umani di confine. Ad Amaya trovammo solo i Samburu che non erano riusciti a fuggire e cioè, come sempre, anziani, donne e bambini, “protetti”da tre lividi soldati dell’esercito nazionale che sembravano più spaventati di loro.

Lasciammo il nostro carico di circa sei quintali di alimenti che eravamo riusciti a stipare nel Toyota e prendemmo atto del terribile stato di desolazione che si era impadronito in poco tempo di quel vasto territorio.

Nei mesi che seguirono gli attacchi della guerriglia sono continuati incessanti e il piccolo ospedale di Maralal ha continuato ad accogliere i feriti. Nessuno è per ora in grado di dare una stima esatta del numero dei morti che si suppone sia di qualche centinaio.

Il conflitto è dunque orientato verso il controllo delle risorse, acqua e pascoli, alimentato da antiche ostilità tribali e agevolato dalla facile reperibilità di armi da fuoco illegali.

La regione del Nord Rift poi, oltre ad essere soggetta a condizioni climatiche avverse, soffre della mancanza totale di infrastrutture: non esistono ferrovie, le strade di terra battuta ( murran ) sono scarse, poco mantenute e impraticabili durante la stagione delle piogge.

A Maralal, capoluogo del Samburu District, è presente un piccolo ospedale che insieme a quello di Wamba, a 130 km di distanza, non riesce minimamente ad accogliere la domanda di assistenza sanitaria della popolazione; la medicina sul territorio è inesistente e la scolarizzazione è bassissima.
La Diocesi di Maralal, nella persona del vescovo Pante, sta lavorando incessantemente alla ricerca di possibili soluzioni del conflitto. Si moltiplicano gli incontri con gli anziani delle rispettive etnie.

Gli anziani rappresentano un’autorità assoluta in seno alla tribù e le loro indicazioni vengono discusse, ma quasi sempre seguite. Ovviamente essi sospingono le istanze e le richieste del proprio popolo, orientate verso le necessità di base per la sopravvivenza e non è facile venire a capo della competizione per il controllo di risorse vitali già scarse quali acqua e pascoli.

Una prima indicazione da seguire è la costruzione di una strada che colleghi agevolmente il Samburu e il Baringo District per facilitare lo scambio delle merci e la compravendita del bestiame.
In queste aree la gente deve camminare su sentieri per cinque ore per arrivare ad acquistare un kg. di zucchero!
Altra priorità è costituita dall’approvvigionamento idrico.

La Diocesi di Maralal ha già nel suo bilancio, come voce di spesa, il sostegno dell’ospedale di Wamba, autentico gioiello ed esempio di efficienza, con 200 posti letto e capacità professionali per intervenire in ogni branca della medicina.

L’assistenza che fornisce è gratuita, ma i costi di gestione sono astronomici.
Data l’assenza del governo centrale nella regione, la Diocesi prenderà in carico anche la costruzione della strada fra Samburu e Baringo District.
Il vescovo Pante mi ha informato che la Diocesi non potrà però fornire sostegno economico per i progetti idrici, nonostante questi fossero già stati messi allo studio prima dello scatenarsi delle ostilità nella regione.

Lo SMOM può fornire un valido supporto sponsorizzando il progetto e la costruzione di pozzi nella regione.

Il progetto già studiato e stilato per la comunità di Lemisigiyo è attualmente fermo perché la zona oggetto di questo studio potrebbe divenire teatro di azioni di guerriglia che provocherebbero lo spostamento in massa della popolazione. Ciò non toglie che nel Samburu District possono essere identificate molte altre località, lontane dalle zone degli scontri, che beneficierebbero dei pozzi.

E’ legittimo, per il momento, astenersi dall’agire a Lemisigiyo e soprassedere nell’attesa che la contesa possa trovare una soluzione pacifica.

Il denaro finora inviato dallo SMOM ( 500,00 euro) si è aggiunto a quello di altri donatori.

La parrocchia di Maralal, nella persona del parroco p. Peter Nderitu, dispone di circa 6000,00 euro. Altri 4000,00 euro sono depositati sul conto della Diocesi e contrassegnati dalla specifica destinazione per i progetti idrici.

La Diocesi si fa garante della custodia e dell’utilizzo del denaro per lo scopo per il quale è stato raccolto.
Il tempo in Africa trascorre lento per ogni evento. Le composizioni delle liti tribali richiedono infinita pazienza per giungere a compromessi pacifici e duraturi.

Le due tribù in conflitto stanno già sperimentando il peso insostenibile di una guerra duratura. Un pozzo per l’acqua in quella regione, ovunque possa realizzarsi, porterà un segno tangibile e benefici per tutti.

Dr. Massimo Fugazza