Dott. Daniele Francioli
Odontoiatra e protesista dentale - Specialista in Ortognatodonzia
Titolare Laboratorio "Francioli Ortodonzia"
Via Luigi Morandi, 106 - 50141 - Firenze - Italia
telef.: +39 055 410125 - fax: +39 055 4223423

Daniele Francioli

Odontoiatra e Protesista Dentale, Specialista in Ortognatodonzia, Ricercatore a contratto all’Università degli studi di Siena, Titolare laboratorio Francioli Ortodonzia

Grazia Ruggiero

Odontoiatra, Dottore di ricerca in Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale – Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli studi di Siena

Mariella Stranieri

Odontoiatra e Protesista Dentale, Medico Interno Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli studi di Siena

Roberto Giorgetti

Ordinario della Cattedra di Ortognatodonzia e Gnatologia Clinica. Direttore della Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Università degli studi di Siena

L’Attivatore realizzato da ANDRESEN-HÄUPL
di Daniele Francioli, Grazia Ruggiero,Mariella Stranieri e Roberto Giorgetti
INTRODUZIONE
L’uso dell’attivatore di Andresen-Häupl è consigliato nel periodo di accrescimento nei casi di malocclusione di seconda classe scheletrica determinati da una retrusione mandibolare e dovuti a disturbi funzionali o a deficit di crescita.

L’attivatore impone alla mandibola l’assunzione di una posizione avanzata; ne consegue che i condili cresceranno verso l’alto e indietro per compensare questa nuova posizione e mantenere l’integrità dell’articolazione.

E’ un attivatore muscolare passivo poiché l’attività muscolare viene indotta solo nel momento in cui la mandibola disloca in avanti per cercare la nuova posizione. La contrazione si risolve subito dopo mentre l’attivatore continua ad agire. (fig. n°1)

fig. 1 - Visione frontale dell'attivatore all'interno del cavo orale
EXCURSUS STORICO

Viggo Andresen nacque il 31 maggio 1870 a Copenaghen e si laureò in Odontoiatria nella stessa città nel 1889. Inizialmente si dedicò all’odontoiatria soprattutto per quello che riguarda la carie, nel 1910 fu chiamato ad insegnare anatomia nella Scuola di Odontoiatria. Il dispositivo che lo ha reso famoso e che nasce da una modifica alla placca di Kingsley e dal monoblocco di Pierre Robin, Viggo Andresen lo denominò “Retentionsplatte” e lo utilizzò la prima volta il 14 giugno 1908 come placca di contenzione per sua figlia, che era stata sottoposta a terapia per una malocclusione di II classe, durante le vacanze estive. Al termine delle vacanze estive notandone i miglioramenti decise di applicarlo al termine delle terapie fisse, dandogli il nome di “mantenitore biomeccanico attivo”.

Fu aiutato dall’austriaco Karl Häupl, convinto che solo e soltanto le apparecchiature funzionali potessero indurre delle modificazioni stabili della crescita con conseguente correzione della malocclusione.

Lo scopo che si prefiggevano era quello di ripristinare un corretto schema di crescita riportando i mascellari nella posizione fisiologica, stimolando lo sviluppo osseo a livello dell’articolazione temporomandibolare con meccanismi di adattamento funzionale. Le teorie sul “sistema norvegese”, come viene ricordato, furono sviluppate e presentate nel loro primo libro, intitolato “Funktinns-Kieferorthopädie(Ortodonzia funzionale dei mascellari), in cui affermavano che “per le loro caratteristiche volte a provocare la trasformazione del tessuto, gli apparecchi biomeccanici si possono definire semplicemente apparecchi di trasformazione. Ma senz’altro più adeguata pare la definizione di attivatore, poiché viene attivata l’attività muscolare e quindi anche il sistema di circolazione”. Perciò è da questo momento in poi cioè il 1936 che il dispositivo prende il nome di Attivatore. L’ultima edizione del 1945 fu tradotta anche in italiano da Oscar Hoffer nel 1950.

Descrizione dell'Attivatore
Il dispositivo subì inizialmente alcune modifiche sia nei materiali per la sua realizzazione sia nella struttura fino al arrivare alla forma di un monoblocco costruito in resina acrilica con un solo filo metallico, l’arco vestibolare per i denti anteriori superiori. (fig. n°2)

Copriva interamente i denti di entrambe le arcate e il palato. Presentava inferiormente una doccia inclinata con scanalature e nicchie scavate nella resina che servivano a guidare la mesializzazione o la distalizzazione dei denti in eruzione e a determinare il preciso alloggiamento dei denti dell’arcata mandibolare.

Gli apparecchi più recenti presentano, al posto delle indentazioni, uno scudo di resina che non permette l’estrusione dei molari superiori ma solo quella degli inferiori e un’estensione in resina che copre gli incisivi inferiori e ne controlla la mesializzazione.

fig. 2 Visione laterale particolare dell'ansa conduzione canina

La mandibola risulta costretta in una posizione avanzata, la stessa determinata dal morso di costruzione.

Nel tempo l’attivatore è stato modificato per ridurne la dimensione e l’ingombro; questo ha, però, portato ad un aumento del tempo in cui veniva portato.

Indicazioni Cliniche
L’attivatore è indicato nei casi normodivergenti o ipodivergenti di seconda classe dovuta principalmente ad una mandibola piccola e/o retrusa, soprattutto nel periodo in cui la dentatura è decidua o mista, il momento migliore sarebbe prima e durante il picco di crescita, nei casi in cui i controlli possono essere rari e saltuari e in quelli in cui non si riesce ad ottenere un controllo della placca e dell’igiene orale oppure come apparecchio di contenzione attiva.

L’attivatore non è indicato nei casi di biprotrusione o in quelli estrattivi con importante affollamento o in presenza di agenesie. (fig. n°3)

fig. 3 Attivatore all'interno del cavo orale
Effetti Clinici
L’attivatore permette che si instauri un tragitto di chiusura mandibolare nuovo e più idoneo, una dislocazione anteriore e verso il basso della mandibola, grazie all’adattamento operato dal condilo, che attiva il capo superiore del muscolo pterigoideo laterale con induzione, nel paziente giovane, della proliferazione cellulare e successiva crescita condilare verso l’alto e indietro, cosa che permette il mantenimento dell’integrità dell’articolazione temporomandibolare.

L’effetto sul condilo e sulla fossa e, quindi, sull’articolazione temporomandibolare è di gran lunga quello più importante, ma a questo se ne associano altri, come quello sulla crescita del ramo e del corpo della mandibola, crescita che non è uniforme ma maggiore in alcune parti rispetto ad altre.

Per quanto riguarda il mascellare possiamo dire che l’attivatore ne riduce la crescita, grazie al preciso adattamento del dispositivo stesso e all’influenza delle forze generate sui muscoli retrattori della mandibola.

Questo accade soprattutto con l’uso di un attivatore orizzontale che porta la mandibola in una posizione molto avanzata. Le modifiche più importanti sono, comunque, a carico della premaxilla soprattutto nei casi in cui c’è un’eziologia funzionale della malocclusione.

A livello dentale l’attivatore determina una palatoversione incisiva e una vestibolarizzazione e distalizzazione dei molari superiori e una mesializzazione inferiore dei denti posteriori, dovuta sia alla presenza delle nicchie che alle forze ortodontiche che, inevitabilmente, si generano. (fig. n°4)
fig. 4 Particolare del capping sugli incisivi inferiori
Modifiche al Dispositivo
Negli anni si sono verificate alcune modifiche rispetto al dispositivo base, nel novero di tutte quelle realizzate vi elenchiamo le più rappresentative:
Attivatore con doppio arco vestibolare (fig. n°5 e 6)
fig. 5 Visione frontale particolare del doppio arco
fig. 6 Visione laterale particolare del doppio arco
Attivatore con piani di spessore laterali in acrilico (fig. n°7 e 8)
fig. 7 Particolare del rialzo occlusale laterale in acrilico
fig. 8 Attivatore con rialzi occlusali
fig. 9 Attivatore con molle palatali vestibolarizzanti a livello molare
fig. 10 Attivatore con ganci di Adams ed arco saldato
CONCLUSIONI
L’uso dell’attivatore permette di ottenere modificazioni scheletriche e dento-alveolari soprattutto se applicato nella fase vicino o durante il picco di crescita.

Il ripristino delle normali funzioni porta alla correzione dello schema di crescita evitando l’instaurarsi di malocclusioni severe.

A nostro avviso trova un vastissimo campo d’applicazione nell’ortodonzia precoce ed ha il vantaggio di essere economicamente vantaggioso.

fig. 11 Attivatore con ganci, arco, vie e molla
BIBLIOGRAFIA
1) Francioli D., Levrini E.: Evoluzione dell’ortognatodonzia funzionale – La Quintessenza Odontotecnica – 9/1997

2) Francioli D.: Nozioni fondamentali di tecnica ortodontica – Edizioni Martina Bologna 2004

3) Francioli D.: Principi dell’ortopedia funzionale – Il Corriere Ortodontico n° 1 Gennaio - Febbraio 2005 pagg. 54-58

4) Francioli D. Camarda P., Pisano C.: Attivatore di Andresen – Il Corriere Ortodontico n° 2 marzo - aprile 2005 pagg. 55-60

5) Graber T.M., Rakosi T., Petrovic A.G.: - Ortopedia Dentofacciale con dispositivi funzionali – Masson 1998

6) Graber T.M.: - L’ortodonzia a metà degli anni ottanta – Quintessenza Odontotecnica n°2 febbraio 1986 pagg. 151-155

7) Levrini A., Favero L.: I maestri dell’ortodonzia funzionale – Quintessenza Edizioni 2003

8) Levrini A.: Terapia Miofunzionale Rieducazione neuromuscolare integrata – Masson 1997 pagg. 92-105

9) Levrini A.: Attualità dell’Attivatore di Andresen – Progresso Odontoiatrico n°10 ottobre 1990 pagg. 46-57

10) Mariotti g., Olivi O., Spessot E.: Il monoblocco di Andresen - Quintessenza Odontotecnica n°4 aprile 1991 pagg. 1-9

11) Whratly A.e.: ha cinquanta anni l’apparecchio di Andresen – Dental Cadmos marzo 1962 Pagg.3-10